venerdì 23 ottobre 2009



L'eterno ritorno dell'identico

Quando finisce un rapporto con una persona i sentimenti che si proviano in quel momento hanno natura molteplice. Ci sentiamo profondamente delusi, amareggiati, infelici e proviamo persino rabbia e risentimento proprio per quella persona che ci ha fatto capire che cos'è l'amore. Proviamo a mandare avanti la nostra vita cercando di rincollare ogni pezzo al suo posto e cercando un modo per soffrire meno tante volte speriamo che lui/lei ritorni con la vera voglia di costruire qualcosa di importante. Quando questo accade quasi mai è un buon segno. Chi di noi non riesce ad intuirlo rimane sempre bloccato nella rete sentimentale della dipendenza, chi di noi invece riesce a capirlo è capace di dire no. Tante volte però, quest'ultimi, quando hanno la fortuna di incontrare un'altra persona ed iniziano a frequentarla, devono purtroppo rassegnarsi nel vedere che il proprio interlocutore è uguale non solo al cosiddetto "ex" ma anche a molte altre persone conosciute e conoscenti, e sorge in loro un ulteriore stato di malessere perchè iniziano a dubitare di poter trovare la propria rotta verso la felicità.
Ma che cosa possiamo fare contro l'eterno ritorno dell'identico?
Semplicemente continuare nel nostro cammino, cercando di imparare a seguire quell'equilibrio che esiste dentro di noi, e quando meno lo aspettiamo, qualcosa accade.

mercoledì 21 ottobre 2009

Volere l'irraggiungibile


Molti di noi nella vita puntano al massimo, semplicemente perchè ambiziosi e con grandi sogni da realizzare. E crediamo che sia una cosa giusta, perchè mettiamo noi stessi in gioco e se riusciamo ad avere un riscontro la nostra autostima di sicuro si rafforza. A volte però,quando siamo catturati all'interno del "gioco delle parti", commettiamo qualche passo falso, sia esso volontario o involontario. E quando ci capita tutto quello che faticosamente abbiamo costruito sembra perduto. Sembra appunto. Perchè fino alla fine siamo sospesi tra l'insicurezza della perdita e la speranza della vittoria. E ciò in noi provoca una reazione duplice. Da una parte ci disperiamo perchè sembra una situazione che non si risolverà mai e la tensione derivante da questo ci logora. Dall'altra però proviamo una sorte di piacere sadico perchè ci stuzzica l'idea di ciò che non è ben definito. Sono reazioni pienamente umane e il più delle volte non sappiamo se sia un bene o un male provare tali sensazioni.
Ma allora è un bene o un male battersi fino allo stremo delle forze per raggiungere l'irraggiungibile?

Credo che indipendentemente dal risultato vale la pena buttarsi in questa avventura. Ci permette di prendere coscienza dei nostri limiti e delle nostre certezze. Se poi l'essere irragiungibile si comporta da tale non dobbiamo colpevolizzarci. Proprio perchè puntiamo al massimo diamo il massimo. Per trovare la nostra felicità siamo disposti a soffrire anche un pò. Tutto quello che si da, prima o poi torna indietro.


martedì 20 ottobre 2009


Il fiore del deserto

Tutti noi nella nostra vita corriamo. Ci affrettiamo verso il nostro futuro, fatto di incertezza e di duro lavoro. Anche se siamo consapevoli del fatto che il nostro cammino è fatto anche di dolore, noi comunque lo affrontiamo sicuri di arrivare a quel "successo" che ci prefiggiamo di ottenere. Lungo in percorso però tante volte ci lamentiamo, ci sentiamo tristi perché non c'è nessuno accanto a noi che possa aiutarci nella nostra corsa. Che si tratti di una voce amica, dell'altra metà della propria anima o un entità superiore. E per questo noi soffriamo. Chi conosce, come me, il dolore derivante dalla solitudine, riconosce all'istante quel qualcuno di speciale che gli si presenta davanti agli occhi. Quello che all'inizio si chiama amico, poi diventa migliore amico ed infine fratello (o sorella che dir si voglia, i confini sono molto labili).
Quanto ci sentiamo liberi e felici nel tenere in mano il fiore del deserto?
Proviamo una gioia immensa nel sentire il profumo di questo regalo che questo arido pianeta ci offre, e ne siamo riconoscenti. Ed ogni volta che la sentiamo, quella fragranza ci da l'idea di non sentirci soli nella lunga corsa della vita. Noi non siamo soli, abbiamo il nostro fiore del deserto che ci prende per mano e che corre con noi. E quelle tre parole, sia pur abusate e scontate, sono sempre belle da dire e sentire.
Ti voglio bene.




lunedì 19 ottobre 2009

Due parole in punta di piedi

Dopo la mole imponente di citazioni che ho messo come inizio di questo viaggio virtuale, per chi ancora è vivo e non si è suicidato per la pesantezza di tali "pillole culturali" vorrei poter inquadrare il leitmotiv di questo blog.

Il tutto e il niente.

Credo che infondo non ci sia mai spazio e tempo sufficente per poter parlare davvero di qualsiasi cosa che possa destare stupore e meraviglia nelle nostre coscienze. Che sia un motivo di importanza mondiale, o una semplice sciocchezza ogni cosa ci aiuta a dare un senso al nostro agire.

Spero di poter accompagnarvi e accompagnarmi in un viaggio interessante e piacevole.
Parola d'ordine: Streben.

mercoledì 14 ottobre 2009

Prologo

"E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce"
Giovanni, III, 19

" Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una grande passione, e da un languor mortale. [...] La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno di averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. [...] Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Nè la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza. [...] Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però di insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno nè disprezzo - no! - disse: - non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete -. Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto tese. Poi continuò: - promettetemi di non levarle un filo d'intorno, ne di lasciar che altri ardisca di farlo, e di metterla sotto terra così -. Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affacendò a far un po' di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come sur un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: - addio Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri -. Poi voltatasi al monatto, - voi, - disse, - passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola -. Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finchè il carro non si mosse, finchè lo potè vedere; poi disparve. E che altro potè fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccia, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato. - O Signore! - esclamò Renzo: - esauditela! tiratela a voi, lei e la sua creaturina: hanno patito abbastanza! hanno patito abbastanza! -"
Alessandro Manzoni "I promessi sposi" Cap XXXIV versi 105-154



"Tre metamorfosi io vi nomino dello spirito: come lo spirito diventa cammello, e il cammello leone, e infine il leone fanciullo.

Molte cose pesanti vi sono per lo spirito, lo spirito forte e paziente nel quale abita la venerazione: la sua forza anela verso le cose pesanti, più difficili da portare.

Che cosa è più gravoso? domanda lo spirito paziente e piega le ginocchia, come il cammello, e vuol essere ben caricato.

Qual è la cosa più gravosa da portare, eroi? così chiede lo spirito paziente, affinchè io la prenda su di me e possa rallegrarmi della mia robustezza.

Non è forse questo: umiliarsi per far male alla propria alterigia? Far rilucere la propria follia per deridere la propria saggezza? [...]

Tutte queste cose, le più gravose da portare, lo spirito paziente prende su di sè: come il cammello che corre in fretta nel deserto sotto il suo carico, così corre anche lui nel deserto.

Ma là dove il deserto è più solitario avviene la seconda metamorfosi: qui lo spirito diventa leone, egli vuol come preda la sua libertà ed essere signore nel proprio deserto.
Qui cerca il suo ultimo signore: il nemico di lui e del suo ultimo dio vuol egli evitare, con il grande drago vuol egli combattere per la grande vittoria.
Chi è il grande drago, che lo spirito non vuol più chiamare signore e dio? "Tu devi" si chiama il grande drago. Ma lo spirito del leone dice "Io voglio". [...]
Fratelli, perchè il leone è necessario allo spirito? Perchè non basta la bestia da soma, che a tutto rinuncia ed è piena di venerazione?
Creare valori nuovi - di ciò il leone non è ancora capace: ma crearsi la libertà per una nuova creazione - di questo è capace il leone.
Crearsi la libertà e un no sacro anche verso il dovere: per questo, fratelli, è neccessario il leone. [...]
Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone è in grado di fare? Perchè il leone rapace deve anche diventare fanciullo?
Innocenza è fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota rotante da sola, un primo moto, un sacro dire si.
Si, per il giuoco della creazione, fratelli, occorre un sacro dire sì: ora lo spirito vuole la sua volontà, il perduto per il mondo conquista per sè il suo mondo. [...]
Così parlò Zarathustra. Allora egli soggiornava nella città che è chiamata Vacca Pezzata."
Friedrich Nietzsche "Così parlò Zarathustra" Delle tre metamorfosi


"Senza paura e senza tenebre, con la vita e la luce, avanti nell'amore infinito."

Federico Peruffo